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STORIE ALLEGRE

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Collodi, Carlo 29 occorrenze

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di più o un anno di meno? Sono forse un vecchio? Ho appena nove anni, e non mi manca il tempo per ricattarmi." Sissignori! Quel monello, quando era

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Riceverà un premio di Cento lire. Appena letto quel cartello, il nostro Cesare non ebbe più bene di sé. Nel tornare a casa, andava fantasticando: "Se

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, disse con aria di smargiasso: "Dunque voialtri quel salto non avete il coraggio di farlo? Eppure io lo farò, e quando l'avrò fatto, vedremo se

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cui generalmente tutti mangiano di magro. Confesso la verità: ero contento di me. Più guardavo quel mio bozzetto, e più mi pareva di aver fatto una gran

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abbia strillato tanto, quanto lui. Da quel giorno in poi, in quel corpo d'armata composto di sei ragazzi, non si trovò più un soldato che volesse fare

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ragazzino, come lei, vuol mettersi un golettaccio alto e insaldato a quel modo, che pare un collare? Quei goletti, abbia pazienza, staranno bene agli

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sapere chi è quel pietoso benefattore, che si è degnato di ospitarmi?" "Quel benefattore sono io", rispose Pipì, alterando un poco la voce, per non essere

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. "Chi è che piange?", domandò un vitello, che pascolava lì vicino. "È un disgraziato scimmiottino, che non può uscire di dentro da quel sacco", rispose

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mantenere la sua promessa, rispose scotendo il capo: "Sarà quel che sarà ... A buon conto prima di partire per questo gran viaggio, voglio rivedere la

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allora quel birichino di Pipì? Si avvicinò pian pianino, in punta di piedi, al giovinetto che dormiva: e rattenendo perfino il fiato ... allungò adagino

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, come diceva quel filosofo, che provava piacere a farsi pestare i piedi. Ma finora, fra quanti siamo qui presenti, non ne vedo che uno solo, il quale

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nella sua camera, si pose a spazzolarlo e a strigliarlo, come se fosse stato un cavallo. Quel povero cappello in alcuni punti era diventato bianchiccio

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vedete quel brutto muso, che sbuca fuori?" "Altro se lo vediamo! Quella è una volpe! ... " "È una volpe davvero! ... " "Per me, torno subito indietro

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essere un uomo vero, non gli mancava che una sola cosa: il parlare. Figuratevi la bizza di Alberto! Quel buon figliuolo non sapeva rendersi una ragione

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, arrivarono finalmente alla porta del teatro. Entrati in platea, fra mezzo alla folla, credevano di essersi liberati da quel diavolaccio che li perseguitava: ma

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ci penso più! E per l'appunto, che fame avevo quel giorno! Una fame da lupi! ... Abbi pazienza, Leoncino, se te lo dico: ma quella celia fu una gran

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giorno dopo, ricominciò a stillarsi il cervello per trovare qualche nuovo ammennicolo, che valesse a dare una prova di quel coraggio, che egli non aveva

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nipotino. Tant'è vero che appena gli capitò davanti Leoncino scalmanato e impaurito a quel modo, il sangue gli fece un gran rimescolone e gridò subito

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in penitenza. Fu uno sbaglio, perdonami: tutti si può sbagliare in questo mondo. Che cosa avevi fatto, povero figliuolo, da meritarti quel gastigo

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più dalla stanchezza e dal sonno, si sdraiò sopra un monticello di frasche secche per riposarsi un poco. E in quel mentre che era lì lì per

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piacere di non mandarmi dietro quel solito canaccio nero ... perché se no, Filiggine, dopo cinque minuti, mi riporta di peso in questa stanza." "Non aver

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volavano via, come foglie portate dal vento. Moccolino, impaurito da tutto quel fracasso infernale, cacciò il capo fuori delle lenzuola, e fingendo di

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vergognato a dormire." "Ma perché addormentarsi in quel luogo? Dov'è, o Sire, la vostra dignità imperiale?" "L'avrò forse dimenticata sotto il letto", rispose

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?" "Scusi: e lei che fuma?" "Altro se fumo!" Gigino, dicendo così, diceva al solito una grossa bugia, perché fino a quel giorno non aveva fumato mai. "E il

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brutto caso di quel povero cappello a tuba, strapazzato, percosso e diviso in due pezzi sulla pubblica via, non rimase un segreto per i compagni di scuola

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nella mota? E il giubbettino e i calzoni fatti in pezzi da quel dispettosaccio di pruno? E la camicia di tela fina diventata, tutt'a un tratto, di

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ingiustamente, e tenne fra sé e sé questo curioso ragionamento: "Tutti mi sgridano ... tutti l'hanno con me! ... E la ragione? Alla fin de' conti, io faccio quel

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lei monterebbe anche il matto ?" "Chi è il matto?" "Gli è appunto quel cavallaccio, che abbiamo nella stalla." "E perché lo chiamate il matto

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fosse un V: ma quel V in numeri romani vuol dir quinto . GINO: Cosa vuoi tu che io sappia dei numeri romani? Non ci sono mica stato a Roma, io

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